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Harper Armstrong & Sacheverell Royal

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    harper armstrong
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    nov. 8 2019 | 10 p.m.
    Si era trasferita ufficialmente a New York lo scorso 15 luglio, e da allora era già stata a teatro circa una volta a settimana. Commedie, drammi, musical, lirica, si stava facendo una cultura piuttosto ampia in materia, e se inizialmente lo faceva su gentile richiesta del suo agente, dopo alcune serate iniziò a gradire davvero, fino a farne un appuntamento fisso.
    Quel venerdì sera si trovava alla Carnegie Hall, per un concerto di musica classica di cui non ricordava né nome né compositore né altro. L'importante era apprezzare, e aveva preso un biglietto per sedersi sul primo livello, alla destra del palco, posizione dalla quale riusciva ad avere una vista privilegiata. Era sola, e ciò le permise di concentrarsi maggiormente sull'orchestra, e sulla musica. Ciò che attirò di più la sua attenzione, tuttavia, fu il pianista: decisamente bravo, oltre che molto carino; ma soprattutto sembrava giovane, doveva avere la sua età o poco più, pensò Harper.
    Dopo averlo osservato per ancora qualche minuto - dalla sua posizione riusciva a vederlo in volto, ma non a vedere le sue mani sulla tastiera - prese il cellulare dalla borsa, ed aprì il sito web del teatro, dove sulla pagina dello spettacolo in questione poteva trovare i nomi di tutti i componenti dell'orchestra, e uno dei primi nomi che risultavano nell'elenco era Sacheverell Royal, al piano. Un nome così particolare doveva avere una storia altrettanto ricca alle spalle, storia che le sarebbe piaciuto conoscere, e dopo alcuni secondi di ragionamento si alzò ed uscì nel foyer, componendo subito il numero di telefono del suo agente. Che rispose poco dopo.
    « Ciao, senti, potresti mandare una mail alla Carnegie Hall e chiedere se dopo il concerto posso incontrare il pianista? » Gli chiese, rimanendo in religioso silenzio in attesa di una sua risposta.
    « Cosa? Ma, perché dovresti? E perché devo farlo io? » Le sue domande erano lecite, ma non poteva mettersi a spiegare tutto al telefono, giusto in quel momento. Si sarebbe persa troppo dello spettacolo.
    « Perché non posso scrivere io a metà concerto, ti pare? Daaai ti prego » All'altro capo del telefono sentì sospirare. Non capiva come facesse Peter ad avere tutta questa pazienza, né perché volesse ancora seguirla, ma gliene era grata.
    « Va bene, ti scrivo quando so qualcosa. » Al che Harper lo ringraziò lungamente, e dopo aver chiuso la chiamata tornò dentro, per godersi il resto del concerto.

    ★★★

    Il messaggio di responso le arrivò circa un'ora dopo, in cui Peter le faceva sapere che avevano accettato di accompagnarla. Sapevano chi era, e dov'era seduta, doveva solo attendere che qualcuno la venisse a chiamare.
    E quel momento arrivò in poco tempo. Al termine della rappresentazione, dopo una standing ovation e un applauso all'apparenza infinito, i musicisti lasciarono il palco, e così anche gli spettatori. Lei invece attese, e un'addetta vestita di nero la venne a prendere, chiedendole di seguirla. Harper ubbidì, e si mise a camminare dietro la donna attraverso il pubblico prima e alcuni corridoi vuoti poi.
    Chissà se lo avevano avvisato, o se lui l'avrebbe riconosciuta. O se sarebbe stato contento della visita. Senza farsi vedere prese lo specchietto da borsa per controllarsi trucco e capelli, ancora in buone condizioni nonostante le ore trascorse all'interno del teatro.
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    sacheverell royal
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    nov. 8 2019 | 10 p.m.
    Ormai non la sentiva più quell’adrenalina, quell’eccitazione che invadeva ogni singola parte del suo corpo nel momento in cui il direttore d’orchestra dava il via alle danze con un semplice colpo di bacchetta. Il pubblico che applaudiva con entusiasmo alla fine di ogni singolo pezzo da lui suonato non l’appagava più, non lo rendeva più felice come una volta. Per noi annoiarsi, era costretto a guardare e a studiare i volti degli spettatori cercando tra questi uno che magari aveva già visto da qualche parte oppure uno più particolare e interessante che catturasse la sua attenzione. Il fatto era che ormai conosceva a memoria tutti i brani dei grandi compositori, e quelli nuovi li ripeteva così tante volte prima dei concerti da avere la certezza di non sbagliarli dal vivo. Amava suonare, amava premere i tasti del suo prezioso pianoforte, ma sentiva costantemente la mancanza di qualcosa... forse di originalità, della possibilità di suonare un pezzo tutto suo. Ma era troppo giovane e senza esperienze, e prima che questa opportunità gli fosse presentata dai proprietari e gestori della Carnagie Hall sarebbero probabilmente dovuti passare diversi anni.
    Un forte applauso invase l’immensa sala da concerto non appena l’ultimo pezzo della serata fu terminato. Sacheverell e gli altri musicisti si alzarono tutti insieme per inchinarsi davanti all’ampio pubblico che avevano di fronte e ricevere il suo apprezzamento. Anche questa è andata, si disse il ragazzo gettando un’ultima occhiata verso la platea. Stranamente quella sera nessun viso lo aveva colpito, o forse non aveva fatto in tempo ad analizzarli tutti.
    Stufo dei continui applausi (anche se sarebbe dovuto restare sul palco fino alla chiusura del sipario) il pianista abbandonò il suo strumento per andare dietro le quinte dove un’inaspettata notizia lo attendeva:“Royal!” Era uno dei tecnici del suono, o forse uno degli organizzatori… non li distingueva e non gli interessava distinguerli. “C’è qualcuno che ti aspetta nel tuo camerino. Non so chi sia, non ti arrabbiare... non sono stato io a dargli il permesso di entrare.” Alzando le mani in segno di difesa, l’uomo si allontanò di fretta lasciando solo il ragazzo a riflettere. Chi lo attendeva nella sua stanza privata? Chi aveva osato invadere la sua privacy? “Speriamo per lui che sia uno sponsor o una bella ragazza, altrimenti non so che faccio...” sussurrò stringendo i pugni lungo i fianchi e affrettandosi a raggiungere il suo camerino. Non si preoccupò nemmeno di bussare alla porta: una semplice spinta gli bastò a spalancarla e a quel punto gli fu rivelato chi lo aveva voluto incontrare. E per fortuna, si trattava di una bella ragazza.
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    Edited by ONF - 8/11/2019, 02:22
     
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    nov. 8 2019 | 10 p.m.
    L'addetta alla sicurezza - almeno, aveva supposto fosse quello il suo ruolo - ci mise pochi minuti ad accompagnarla giù per le scale, e attraverso un corridoio affollato di tutti i musicisti che avevano da poco lasciato il palco. Non era la prima volta che entravano visitatori, spesso ai familiari era permesso trattenersi nei camerini, e nessuno la degnò di uno sguardo, cosa sicuramente positiva.
    Il camerino di destinazione si trovava in fondo, sulla destra, e riuscì a spenderci da sola giusto pochi secondi prima di vedere la porta spalancarsi, e l'oggetto della sua curiosità entrare. Non aveva nemmeno fatto in tempo a guardarsi attorno, ma in quel momento non era più importante.
    « Ciao, io sono Harper. » Gli disse, presentandosi semplicemente da lontano ed osservandolo con attenzione, anche solo per capire se sapeva chi fosse, magari in segreto si leggeva Perez Hilton, o magari aveva intravisto la sua faccia passando tra le notizie di Google. Oppure pensava fosse solo una tizia random che la sua sicurezza non aveva avuto voglia di controllare.
    « Ti starai chiedendo perché ho chiesto di venire qui. Ecco, diciamo che di sopra c'è troppa gente, e alla gente piace parlare. Sto cominciando a non apprezzarlo più così tanto. » È noto quanto abbia fatto parlare, negli anni precedenti, giornali più o meno seri. E se a volte dicono la verità, spesso amano prendere notizie poco importanti e costruirci attorno storie che Christopher Nolan levati proprio. Inizialmente ad Harper questo importava poco - la pubblicità è sempre pubblicità, buona o cattiva che sia - ma negli ultimi tempi sta cercando di prestare più attenzione a come si muove, a quanto parla, con chi parla, con chi sta seduta ad una festa. Anche solo per il fastidio di sapere che raccontando menzogne ci guadagnano di più.
    « Beh, volevo molto semplicemente farti i miei complimenti. Ti ho trovato davvero molto bravo. » Nel frattempo era rimasta ad una certa "distanza di sicurezza", circa due metri o poco più, in una posa composta e con uno sguardo ed un atteggiamento generale cordiale e tranquillo.
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    nov. 8 2019 | 10 p.m.
    La guardò fisso negli occhi mentre si presentava con il suo nome. Harper, ripeté nella sua mente, come a non volerselo dimenticare. Seguì una lunga pausa (lasso di tempo che avrebbe dovuto usare per presentarsi a sua volta) durante la quale restò in silenzio e con la stessa espressione seria stampata in volto. Perché avrebbe dovuto dirle come si chiamava? Se lei stava lì in quel momento era perché già sapeva benissimo tutto sul suo conto e stava cercando qualcosa.
    Decise di interrompere quel sordo silenzio muovendo qualche passo nella sua direzione, per poi superarla e andare oltre le sue spalle verso lo specchio dove solitamente veniva truccato e pettinato prima dei concerti. Si diede un’occhiata mentre la ragazza parlava di cose che non stette neanche ad ascoltare. Continuando ad ignorarla e a far finta della sua inesistenza, si tolse la giacca nera che posò con cura su una sedia. Sempre senza distogliere lo sguardo dalla sua immagine riflessa allo specchio, iniziò a sfilarsi la cravatta (anche quella nera). La mise sulla sedia accanto alla giacca per poi sbottonarsi con lentezza i primi due bottoni della camicia scura. Solo a quel punto notò che l’intrusa aveva finalmente smesso di parlare. Rilassò le spalle per poi girarsi verso di lei e rivolgerle la parola per la prima volta:“Scusa, ma chi è che ti ha fatto entrare?” La sua espressione era sempre monotona, la sua voce calma. La rabbia gli era stranamente passata e per una volta non aveva alcuna intenzione di aprire una discussione. In quel momento voleva solo riposare, e per quel motivo avrebbe tanto voluto che Haley, Happy o come si chiamava (già aveva dimenticato il suo nome) sparisse dalla sua vista.
    La squadrò ancora per qualche secondo per poi girarsi e raggiungere il pianoforte che aveva fatto portare nel suo camerino per suonare tra un intervallo e l’altro. Era un pianoforte nero e lucido, che occupava quasi un quarto della stanza. Lo accarezzò dolcemente, quasi come fosse il suo tenero cagnolino, per poi sedersi e premere con delicatezza una nota acuta. Girò il viso verso la ragazza che si trovava ancora alle sue spalle e per la prima volta ammiccò un leggero sorriso:“Sei sicura di essere venuta da me solo per conoscermi?” schiacciò un altro tasto, questa volta una nota più bassa “O sei alla ricerca di qualcos’altro?” Un sorriso bello pieno si formò sulle sue labbra, poi si rigirò e dopo una breve pausa di concentrazione iniziò a suonare. Non era un pezzo imparato a memoria, non era la canzone di qualcun altro. Era una melodia inventata lì sul momento, da lui. Era un qualcosa di improvvisato che veniva dalla sua mente, o forse dal suo cuore.
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    harper armstrong
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    nov. 8 2019 | 10 p.m.
    Si rese conto forse un po' tardi che lui non la stava ascoltando. Più che fare conversazione le piaceva parlare, ed essere lasciata in disparte mentre si dilettava in complicate filippiche era parte del gioco; per questo non disse nulla né se la prese quando lui le passò oltre per iniziare a cambiarsi, limitandosi a seguirlo lentamente con lo sguardo.
    Alla sua domanda sbuffò una risata.
    « Sì, giusto. Penso si chiamasse... Olivia, mi pare di aver letto sul suo badge. » La risposta era secca ed essenziale, ma all'ovvia domanda che lui poteva porsi, perché l'avevano fatta entrare, non disse nulla.
    In quel momento di silenzio sostenne il suo sguardo con sicurezza, e tranquillità. Non pareva essere pensierosa o agitata, si era fatta portare in quel camerino con uno scopo e non c'era motivo di farsi prendere dai dubbi. E non si mosse dal suo posto, era rimasta circa al centro della stanza per tutto il tempo, e i pochi movimenti che compiva erano sul posto, come ruotare i piedi o muovere appena le mani mentre parlava. Anche quando lo vide avvicinarsi al pianoforte non fece nulla, e rimase lì sul posto con le braccia dritte e le mani incrociate tra loro. Alle sue domande le labbra si allungarono in un leggero sorriso.
    « Sono sicura. » Disse, e per un momento assottigliò gli occhi. O stava facendo finta, ma non ne avrebbe saputo dire il motivo, o c'era davvero la possibilità che non l'avesse riconosciuta: se così fosse, sarebbe stata una sorpresa decisamente gradita.
    Non capì però perché si mise a suonare. Non era stanco? Non avrebbe voluto riposare le mani dopo un intero concerto? Non glielo chiese subito, perché qualunque fosse il suo motivo, non aveva mentito all'inizio: era bravo, e che suonasse solo per lei era quasi un privilegio.
    « Perché di solito se ti ritrovi qualche sconosciuto che vuole parlarti è perché vuole qualcosa da te? » Gli chiese, sapendo già la risposta: sì. Perché anche per lei era così.
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    sacheverell royal
    24 y.o.
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    nov. 8 2019 | 10 p.m.
    Neanche un secondo per respirare alla fine del pezzo che la ragazza già aveva qualcosa da aggiungere. Alla sua domanda Sacheverell si morse leggermente l’interno della guancia cercando di non scoppiare a ridere. Ancora seduto sullo sgabello, girò tutto il corpo nella direzione della sua ospita che stranamente iniziava a stargli quasi simpatica. Gli sembrava un po’ ingenua ma molto sicura di sé; e lui ammirava terribilmente tanto quei due tratti della personalità, in particolare il secondo. “Direi di sì angioletto, la gente è sempre in cerca di qualcosa. Non solo da me ma da tutti.” Il nomignolo “angioletto” fu pronunciato dal musicista solo per infastidirla un po’, anche se dubitava altamente che avrebbe avuto effetto su una ragazza che fino a quel momento era riuscita a stare tranquilla in sua presenza.
    Sacheverell si alzò dal suo posto per raggiungere la semi-sconosciuta al centro della stanza. Dopo averla osservata per così tanto tempo finalmente poteva confermarlo: l’aveva già vista da qualche parte. “Come hai detto che ti chiami già?” Incrociò le braccia al petto aspettando impaziente una sua risposta. “Sono sicuro di averti già vista da qualche… Ma certo!” Improvvisamente la sua mente sembrò illuminarsi. “Sei Lily di Lily e Charlie!” Continuò a guardare la sua interlocutrice cercando di nascondere lo stupore e la meraviglia e realizzando finalmente che chi aveva di fronte non era proprio chiunque. Lily e Charlie era una serie TV di cui aveva guardato ogni singolo episodio durante la sua adolescenza e… come dire… Non ci credo che ero innamorato di lei. Effettivamente Sacheverell aveva sempre avuto una piccola cotta per la protagonista della serie e forse era anche per quel motivo che non si era mai perso una puntata. Ed ora eccola lì, davanti ai suoi occhi; la sua amata Lily era venuta a trovarlo.
    Dopo quell'incredibile scoperta, decise che quasi quasi l’inattesa visitatrice poteva restare ancora un po’ a tenergli compagnia. “Se non mi rompi le palle puoi rimanere.” Le disse secco, cercando comunque di non essere più scortese del solito. “Voglio suonare ancora un po’, dopodiché me ne torno a casa.” Ancora una volta si girò per andare al pianoforte, e quando si sedette lasciò un po’ di spazio alla sua destra sperando che la ragazza prendesse posto accanto a lui. “Ma senti un po’ Lily” prima di ricominciare a suonare aveva bisogno di una delucidazione “Come hai fatto ad arrivare fin qui? Nel vero senso della parola. I corridoi sono sempre pieni di giornalisti… davvero nessuno ti ha riconosciuta?” E in quel momento si rese conto che il vero problema non doveva essere stato entrare, ma sarebbe stato uscire; perché era quasi sicuro che ad aspettarlo di fronte alla Carnagie Hall dovevano esserci almeno una decina di paparazzi, e se già lui da solo attirava così tante attenzioni... chissà quante ne avrebbe attirate in compagnia della celeberrima Lily di Lily e Charlie.
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    harper armstrong
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    nov. 8 2019 | 10 p.m.
    Quell'angioletto le fece un po’ storcere il naso. Immaginava lo avesse detto solo per infastidirla, ma in quel momento nulla poteva contro la calma con la quale era entrata, e che ancora provava. Per questo non disse nulla, limitandosi a sbuffare una leggera risata quando lui tornò a guardarla, mentre lei rimaneva ancora al suo posto, con le voci e i rumori del corridoio che giungevano ovattati attraverso la porta socchiusa.
    Stava quasi per decidere di andarsene - era vero, voleva solo fargli i complimenti senza sentirsi addosso occhi indiscreti, e poi sembrava sul punto di mandarla via lui stesso - quando le si avvicinò di nuovo.
    « È Harper. » Rispose piano, ruotando appena il corpo e spostando il piede destro in direzione della porta, pronto a salutarlo. Non sembrava molto, ma aveva ottenuto quello che voleva, in fondo.
    E poi, invece, il suo castello di carta crollò in un secondo. Aveva sperato di passarla liscia, di presentarsi non annunciata, lasciare quell'alone di mistero, e sparire così come era apparsa. Invece no, lui doveva proprio riconoscerla. Mettendosi a ridere chiuse forte gli occhi e scosse il capo, ma nonostante questo non riuscì a nascondere una certa delusione.
    « Okay, mi hai scoperta. » Rispose sospirando, rimanendo comunque in attesa di una sua reazione. Di solito erano varie: c'era chi stava indifferente, chi faceva apprezzamenti sinceri, chi voleva solo una foto. Non si poteva dare nulla per scontato.
    Anche per questo rimase sorpresa alla sua proposta. Se non mi rompi le palle. Chi pensava che fosse, una giornalista insistente che voleva parlare di tutto tranne che di musica? Finse una certa indignazione, e anche per questo non accettò subito la sua offerta di sedersi accanto a lui al piano.
    Piuttosto, si girò verso la porta, dove le voci e i rumori si facevano più insistenti. Cercò di ignorare quel Lily, anche questo le fece storcere un po’ il naso, perché per quanto fosse grata di aver trascorso gli anni dell’adolescenza in quel modo, essere ricordata solo per quella stupida serie tv non era nei suoi piani. Ma lui aveva ragione, davvero nessuno la aveva riconosciuta?
    « Mh, non ne sono sicura. Penso non avessero ancora fatto entrare i giornalisti quando sono passata io. Ma potrei sbagliarmi. » Potrebbe, appunto. Si avvicinò alla porta provando a sbirciare fuori, e ai suoi occhi si mostrò una scena caotica, persone eleganti che camminavano avanti e indietro, e parlavano, parlavano, parlavano.
    Ci avrebbe pensato dopo. Finalmente si decise ad andare a sedersi accanto a lui al piano, sistemandosi sul bordo dello sgabello; era magra abbastanza da occupare poco spazio rimanendo comunque comoda.
    « E tu non sei stanco dopo aver suonato per ore? » Gli chiese, sinceramente curiosa di sapere come funzionasse il lavoro del musicista.
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    sacheverell royal
    24 y.o.
    pianist
    nov. 8 2019 | 10 p.m.
    Ci rimase un po’ male quando la ragazza non accettò immediatamente il suo invito e preferì restare in piedi piuttosto che prendere posto vicino a lui. Peggio per lei, pensò mentre con la coda dell’occhio l’osservava spiare fuori dalla porta. “Io non lo farei se fossi in te.” L’ammonì con tono di voce divertito. “Se ti vedono ti portano via da me.” Le fece l’occhiolino e ammiccò un sorriso furbetto aspettando che venisse a sedersi alla sua destra.
    E tu non sei stanco dopo aver suonato per ore?” La guardò soddisfatto mentre si accomodava accanto a lui. Visto che c’era ancora una certa distanza a separarli, si permise di spostarsi di un paio di centimetri verso di lei. Schiarì la voce poi, guardandola, le rispose:“Lo sono. Ma soprattutto sono affamato.” Dopo aver pronunciato quella frase, si perse un attimo negli occhi della sua ospite. Erano scuri e profondi come i suoi, ma più belli. Ora che erano così vicini, notò anche che la ragazza era molto alta, forse solo qualche centimetro in meno rispetto a lui.
    Tornò a concentrarsi sul suo pianoforte e questa volta fu lui a porre una domanda:“Tu sai suonare Harper?” Sottolineò l’ultima parola come per farle capire che finalmente aveva imparato il suo nome. Le prese una mano con delicatezza e iniziò ad analizzarla quasi come fosse stato un diamante di cui andava confermata l’autenticità:“Le tue dita sono lunghe. Potresti essere una brava pianista.” Ci stava provando con lei? Bho, non lo sapeva neanche lui. Spesso gli capitava di flirtare con le donne che incontrava senza neanche rendersene conto. L’unica cosa certa era che Harper non gli era indifferente, non gli era indifferente per niente.
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    nov. 8 2019 | 10 p.m.
    Farsi portare via non era certo sua intenzione, non in quel modo almeno - essere trascinata fuori dalla stanza di un ragazzo appena conosciuto da un gruppo di giornalisti era un punto che ancora mancava sul suo curriculum. Per questo il suo sbirciare fu veloce, e le fu sufficiente giusto un'occhiata per capire che in quel momento mettere fuori anche solo più del naso era un rischio.
    Sbuffò un'altra risata alle sue parole, e a quell'occhiolino socchiuse del tutto la porta - non era chiusa, ma non c'era più spazio sufficiente per guardare fuori.
    « Non preoccuparti, non è mia intenzione farmi rapire. » Non più, almeno.
    Quindi andò a sedersi, senza battere ciglio quando lui le si avvicinò e si mise ad osservarla negli occhi con una certa intensità. Anzi, ne sostenne lo sguardo con fierezza, perché i maschi non devono avere il monopolio di questa cosa del fissare. E infatti non fu lei la prima ad interrompere il contatto visivo.
    Anche quando lui le prese una mano. Lo lasciò fare, e gli permise di esaminarla come meglio credeva: le dita erano lunghe e sottili, e le unghie ben curate e laccate di un bel rosso scuro; forse si poteva ancora sentire un leggero profumo di crema alle mandorle. Intanto, però, continuava a guardarlo, e visto da vicino le sembrava decisamente più belli che a guardarlo da un lontano palco di un teatro.
    « No, non sono capace. Non ho mai avuto occasione di imparare. » Balle. Di occasioni ne aveva avute diverse, ma le era mancata la voglia.
    « Magari un giorno mi metterò d'impegno. » Sicuro, ma era l'ultimo dei suoi pensieri. Perché in quel momento nella sua mente c'era solo una domanda: ci stava provando con lei? Non avrebbe potuto dirlo con certezza, ma i segnali c'erano tutti: il contatto visivo volutamente prolungato, l'accarezzare le mani, il voler stare il più vicino possibile. Aveva letto questo copione così tante volte che era quasi diventato scontato, così come scontato era anche il finale: lei non avrebbe saputo proprio resistere.
    C'era tuttavia un ostacolo da superare. Sfilò la mano da quella di lui e si girò, senza alzarsi, di 180 gradi in modo da guardare direttamente la porta. Si prese alcuni istanti per pensare prima di riprendere parola.
    « Dunque, immagino di aver fatto un piccolo errore di calcolo quando ho pensato di farmi portare qui. Non ho calcolato, appunto, tutti quei giornalisti là fuori. Pensavo vi intervistassero prima dei concerti? » Alla premiere di un film, per esempio, le interviste si fanno prima, non era una regola universale?
    « Quindi, ora la questione è: quando e come possiamo uscire senza fare casini? » Stava ragionando su alcune opzioni, doveva solo avere pazienza.
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    sacheverell royal
    24 y.o.
    pianist
    nov. 8 2019 | 10 p.m.
    Stava per proporle una breve lezione di pianoforte che le avrebbe permesso di imparare a suonare canzoni come Happy Birthday o L’Inno alla Gioia senza faticare troppo, ma fu preceduto dal rapido movimento della ragazza che, senza preavviso, si girò di 180 gradi su stessa per poi fermarsi ad osservare la porta situata dall’altra parte della stanza. Sacheverell le lanciò un’occhiata interrogativa domandandosi perché diamine avesse deciso di interrompere la loro discussione proprio sul più bello. “Che c’è?” le chiese sospirando pesantemente mentre si girava nella sua stessa direzione.
    Sorrise divertito alla prima domanda della ragazza chiedendosi come fosse possibile domandare una cosa così banale. Puntò lo sguardo in quello di Harper e con fare saccente le speigò:“Secondo te cosa facciamo noi musicisti prima di un concerto? Perdiamo tempo a rispondere alle domande dei giornalisti?” Scosse la testa per poi proseguire:“Ci sono le prove generali e i preparativi finali; alcuni di noi preferiscono rilassarsi prima di un concerto di tre o quattro ore.” Si passò una mano tra i capelli per poi aspettare una replica da parte della ragazza.
    Quindi, ora la questione è: quando e come possiamo uscire senza fare casini?” Quella invece era un’eccellente domanda. Di solito lui veniva accompagnato dalla sicurezza fino all’ingresso della Carnegie Hall dove poi poteva scegliere se fermarsi a rispondere alle domande della stampa oppure tornare direttamente a casa (decisione che prendeva il 99,9% delle volte). Ma in compagnia di Harper... come avrebbe fatto? Probabilmente i fotografi li avrebbero beccati insieme e chissà quante foto “compromettenti” avrebbero potuto scattare. Già si immaginava il giorno dopo sulla copertina di qualche rivista di gossip con una scritta in grande che recitava:“Il pianista e l’attrice: nascita di un nuovo amore?”
    Aprì la bocca per rispondere ma non fece in tempo a pronunciare una singola parola che qualcuno bussò due colpi alla porta. Leggermente sorpreso, si girò nuovamente verso questa prima di dire a voce alta:“Avanti.” Si affacciò alla porta un uomo alto e pelato che Sacheverell riconobbe subito come l’addetto alla sicurezza incaricato di accompagnarlo fuori dal palazzo al termine dei suoi concerti. “Harper Armstrong è qui?” Non ci fu neanche bisogno di rispondergli poiché l'uomo la vide subito seduta accanto al pianista. A quel punto entrò completamente nella stanza, facendo attenzione a richiudere in fretta la porta alle sue spalle. “Ragazzi, siete nei casini.” Annunciò con voce grave. L’ennesimo sorriso divertito comparve sulle labbra di Sacheverell:“Perchè? L’FBI ci ha rintracciati?” La guardia sembrò prendere sul serio quell’affermazione; scosse subito la testa per poi dire:“No. Qualcuno deve aver riconosciuto la signorina Armstrong durante il concerto. E ora tutta la sua numerosa fanbase è appostata fuori dall’edificio.”
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    nov. 8 2019 | 10 p.m.
    « Beh se te l'ho chiesto c'è un motivo, non faccio questo lavoro, non so come funziona. » La replica alla risposta di lui fu secca e veloce, pronunciata con voce decisa e una veloce alzata di spalle. E ricambiò il suo sguardo giocandosi la carta della povera ignorante prima di girarsi verso la porta, e porre una domanda solo in apparenza banale.
    Pensieri tuttavia interrotti dall'arrivo di un tizio della sicurezza. Senza rendersene conto si mise più composta, unendo le ginocchia e raddrizzando la schiena, e rimase ancora più ferma alla domanda dell'uomo, anche se sentiva il commento sarcastico salire e bloccarsi prima di essere pronunciato. Lui però era serio, e se da una parte si sentì arrivare una battuta, dall'altra la reazione fu del tutto opposta. Perché Harper riuscì solo a buttare fuori un lungo, profondo sospiro.
    « Oh ma che cazzo. » Il francesismo le uscì del tutto spontaneo, ma più che arrabbiata sembrava solo infastidita: chiuse gli occhi e, portandosi la mano agli occhi per stringersi le tempie, si lasciò scivolare lungo lo sgabello in una posa esagerata e teatrale che indicava perfettamente il suo stato d'animo.
    Poco dopo si alzò, muovendo due passi verso lo specchio.
    « Sai cosa? Non è un vero problema questo, la gente parla, dice cose a volte vere e a volte no, c'è chi ci crede e chi no. E il giorno dopo si sono già dimenticati di tutto. Mi secca però che c'è chi ci guadagna scrivendo quello che si è sognato la notte prima. Almeno, se ci devi guadagnare inventa i tuoi personaggi, non usare persone vere... » È facile supporre che non sia la prima volta che si sfoga in questo modo, su questo stesso argomento e usando queste stesse parole. Come è facile immaginare che non sempre venga creduta: in fondo, per anni ha giocato con la stampa e i paparazzi, facendosi fotografare e lasciando che scrivessero ciò che volevano. Perché ora questo cambio di idee?
    Fissò la sua immagine riflessa per alcuni secondi, sistemandosi le ciglia con movimenti delicati delle dita, prima che le si accendesse una lampadina.
    « Ma scusate, perché tutti questi problemi? Non è che sto facendo niente di male. » E qui guardò Sacheverell in cerca di supporto.
    « Le opzioni sono due. O aspetto un momento che si libera il corridoio, torno su ed esco normalmente, oppure... » Le sfuggì una leggera risata, forse un po' amara. Portandosi la mano destra alle labbra tornò a guardare la porta, e poi il tizio della sicurezza.
    « Oppure se hai voglia di divertirti usciamo insieme e facciamo lavorare qualcuno. » Diamo loro quello che vogliono. Quindi rimase fissa con lo sguardo in quello di lui, aspettando una sua risposta.
    [ sheet ] i'll be the actress starring in your bad dream
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    sacheverell royal
    24 y.o.
    pianist
    nov. 8 2019 | 10 p.m.
    Restò ad ascoltare il mezzo delirio della ragazza muto, senza osar muovere neanche un muscolo. Persino la guardia del corpo sembrava essere intimorita dall’eccessiva reazione dell’attrice. Entrambi la guardavano in silenzio, come pietrificati dal suo atteggiamento. Era la prima volta che Sacheverell si sentiva intimidito da un’altra persona. Harper non smetteva di stupirlo ed era certo che avrebbe continuato a farlo nell'eventualità di un secondo incontro.
    Quando la ragazza ebbe finito di parlare, Sacheverell aprì bocca per rispondere ma non riuscì a pronunciare neanche una parola. Restò imbambolato ad osservarla, chiedendosi come mai non avesse niente da raggiungere o da replicare. Per fortuna Harper non sembrava aver finito il suo discorso:“Le opzioni sono due. O aspetto un momento che si libera il corridoio, torno su ed esco normalmente, oppure...Oppure? Mica aveva intenzione di… “Oppure se hai voglia di divertirti usciamo insieme e facciamo lavorare qualcuno.” Sacheverell spalancò gli occhi completamente sbigottito da quella proposta. È una follia, pensò nella sua testa. Forse Harper aveva avanzato quell'idea perché non sapeva che lui, Sacheverell Leonard Royal, era fidanzato... fidanzato da sei lunghissimi anni.
    Il musicista restò in silenzio per parecchi minuti riflettendo sulle ultime parole della giovane attrice. L’uomo pelato (di cui tra l’altro non ricordava il nome) lo osservava curioso, in attesa di una risposta. Cosa avrebbe dovuto fare? Mettere a rischio un fidanzamento di sei anni solo per confondere le idee a qualche giornalista e a una decina di fan schizofrenici? Beh certo… quella relazione era una relazione finta; era tutto finto. Mica lo aveva deciso lui di fidanzarsi con una riccona semi-sconosciuta. Il matrimonio combinato (che temeva presto sarebbe stato ufficializzato) era stato ideato dai suoi due genitori egocentrici ed egoisti, mica da lui.
    Iniziò ad annuire, poi un lieve sorriso comparve sul suo viso al posto della precedente espressione indecisa. “Va bene.” disse deciso, alzandosi dallo sgabello su cui era seduto per andare a recuperare la giacca e la cravatta. Si rivestì in fretta dandosi solo una rapida occhiata allo specchio. Si girò poi verso Harper e iniziò a camminare verso di lei. Si fermò a qualche centimetro dal suo volto; poteva sentire il suo profumo e udire il suo respiro. La guardò negli occhi con sguardo complice, poi infilò una mano nella sua e disse:“Accontentiamoli.
    [ sheet ] sometimes I can only groan, and suffer, and pour out my despair at the piano
     
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    actress
    nov. 8 2019 | 10 p.m.
    Si era resa conto tardi di aver parlato un po' troppo. Le succedeva ogni tanto, se sopraffatta da un qualunque tipo di emozione aveva bisogno di spiegarne il motivo, di giustificarsi, di "sfogarsi" finché non fosse stata soddisfatta.
    Dopo aver lanciato quella proposta rimase in religioso silenzio, ferma sul posto con i muscoli un po' tesi, a guardare alternativamente Sacheverell e la guardia. Era tesa non tanto perché pensava di aver fatto una brutta figura, qualunque cosa avessero voluto pensare liberi di farlo, più che altro perché trovava la situazione elettrizzante, potremmo dire.
    Quando lui si mise a sorridere e si alzò tutto convinto lei lo fissò per svariati momenti con aria incredula.
    « Ah, mh, okay... non pensavo avresti detto di sì ma... okay, bene. » Ora che fa, si rimangia quello che ha proposto? No, anche se l'idea per un istante le passò in mente. Si girò verso la guardia, come in cerca di supporto, che tuttavia non trovò: l'uomo era freddo e deciso e pronto a seguirli qualunque decisione volessero prendere i due ragazzi. Come era giusto che fosse.
    Mentre lui si rivestiva lei si controllava il trucco, sistemando l'ombretto e un lato delle labbra dove il rossetto rosa era appena sbavato.
    E di nuovo riuscì a stupirla quando le si avvicinò a tal punto che poteva vedere tutti i difetti che non aveva. Ne ricambiò lo sguardo cercando di trattenersi dal ridere - trovava la situazione molto divertente - e quando lui le prese la mano non disse nulla. Il profumo che portava era Dolce&Gabbana Light Blue, btw.
    « Quando siete pronti ragazzi vi accompagno fuori. » Disse l'uomo, che poco dopo fece loro strada fuori dal camerino. Il corridoio era ancora piuttosto affollato, ma non in modo esagerato, e per le numerose occhiate ricevute ci furono altrettante persone che non degnarono loro di uno sguardo. Lei cercò di non farci caso, camminando a testa alta e rimanendo accanto al ragazzo, forse giusto un passo indietro.
    « Potremmo anche non fare questa cosa della mano, solo uscire insieme darebbe abbastanza per parlare per... due giorni, tipo. » Gli disse poco dopo, quando ormai stavano salendo le scale che li avrebbe portati all'ingresso principale del teatro. Però non fu lei la prima a lasciarlo, doveva essere proprio lui a prendere questa decisione.
    « E, una cosa a cui non avevo pensato, una volta fuori? C'è una macchina che aspetta? Ci facciamo inseguire da due fotografi random? » L'uso dell'iperbole finale stava ad indicare, come era ovvio, che la prima opzione era da preferire. O se lui aveva altre idee era tutta orecchie.
    Intanto raggiunsero l'atrio, lì dove molti ospiti erano ancora fermi, che fosse per ritirare le giacche al guardaroba o con un bicchiere in mano, a chiacchierare di argomenti stupidi con gente che non avrebbero più rivisto. Dovevano superare loro, e poi l'esterno, e poi avrebbero potuto farsi quattro risate.
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