Un’altra giornata di lavoro stava giungendo al termine. In redazione se n’erano già andati quasi tutti, distrutti dall’ultima conference indetta da Bryan, suo fratello e caporedattore. Ovviamente aveva anche a lei sbolognato qualche rogna da sistemare, per questo era ancora nella sua stanza a fare chiamate (e le era andata bene, perlomeno non era dovuta andare in giro per la città a rincorrere i clienti). Sbuffò, dopo l’ennesimo accordo preso, chiudendo la chiamata sbattendo la cornetta al suo posto, senza troppe cerimonie. Si stiracchiò sulla sedia e poi passò ad annotare l’appuntamento appena organizzato. Poi riordinò i fogli e i plichi sulla sua scrivania, spense il computer, rimise gli evidenziatori nel portapenne; infine si incamminò fuori portandosi appresso l’agenda e la sua borsa di pelle nera, e spense la luce. I tacchi risuonavano nel corridoio, al momento stranamente silenzioso, ma tanto il tragitto dalla sua stanza a quella di Bryan era relativamente breve. Non bussò. Entró semplicemente (un brutto vizio, ne era consapevole) diretta già alla sua scrivania, a testa bassa sull’agenda perché già stava ricontrollando le cose che aveva intenzione di comunicargli. «La Goldstein ha detto okay per la pubblicità e ha chiesto due strenne. Poi ho procurato a Ronnie l’intervista e invece il signor Duglas al telefono non mi risponde, da perennemente occupato. Lo devo stalkerare?» (la sua specialità) solo in quel momento, che mentre parlava non aveva smesso di camminare per la stanza, si sedette alla sedia di fronte alla scrivania, posando lì l’agenda e rivolgendo lo sguardo sul gemello in un mezzo sorriso. Si somigliavano anche abbastanza, per i capelli nero corvino, gli occhi azzurri; però lei non aveva tutti i suoi tatuaggi, e di certo lui si era appropriato di qualche centimetro che, invece, almeno secondo Isabella, doveva essere destinato a lei! |
.Isabella Devy
